Sguardi ad est
I fanciulli trovano tutto nel nulla, gli uomini il nulla nel tutto
Di scuola si vive
“Mamma, forse non mi sento tanto bene ma domani voglio andare a scuola…”
Niente più termometri appoggiati alle lampadine o mal di pancia lancinanti improvvisati sull’uscio di casa, il sentimento che ora pervade i ragazzi rimasti lontani dalle aule per ormai quasi dieci mesi è mutato profondamente; essi vogliono lasciare la loro stanza, spettatrice di lunghe lezioni a distanza, per poter tornare nei cortili e nelle aule scolastiche, palcoscenici delle prime storie di speranza, d’amore e d’allegria che caratterizzano gli anni che conducono all’età adulta e soprattutto alla temutissima maturità, e che ci spronano a riempire lo zaino con tutte le nostre paure, le nostre insicurezze, i nostri successi e le nostre conquiste.
In questo lungo e difficile periodo ci siamo resi conto del fatto che la scuola non sia soltanto un luogo ove apprendere carrellate di nozioni, date e nomi bensì essa è un luogo in cui quotidianamente si susseguono istanti d’importanza apparentemente effimera, quasi automatizzati da gesti ed azioni consuete, ma che dipingono di colori cangianti quella parte di vita spesa tra le mura degli istituti o dei licei. La scuola è il luogo in cui nascono i primi amori attraverso un semplice incrocio di sguardi, è un luogo ove si forma non tanto la mente ma in primo luogo l’anima, ove si scrivono le storie che in seguito saranno narrate con un velo di nostalgia per un tempo fugace caratterizzato dalla scoperta dell’indipendenza, dell’amore, dell’amicizia e della spensieratezza.
Tutto ciò mi rendo conto che possa sembrare banale per chi lo ha vissuto, tuttavia ritengo che chi in questi mesi non abbia avuto modo di sperimentare la scuola intesa come “esperienza di vita” non possa rendersi conto appieno di ciò che é, nostro malgrado, andato perso in questo tempo surreale e buio. Non potendo stilare una lista esaustiva e completa di tutto ciò che “l’esperienza scuola” porta con sé mi limiterò a ricordare solo alcuni di quei piccoli momenti di trascurabile felicità che perlomeno hanno caratterizzato la vita di alcuni studenti (riferirmi a tutti forse è troppo).
Così come la giornata incomincia con il risveglio del sole, la scuola inizia con la “levataccia” mattutina che molti non hanno mai compreso, invidiando gli orari più flessibili delle scuole straniere, e sognando così una rivoluzione nel sistema scolastico che possa portare al risultato di avere studenti più riposati; come non menzionare inoltre le corse frenetiche in bicicletta che riempiono le città di tanti piccoli Bartali in maglia rosa, oppure i mezzi di trasporto colmi di appunti colorati utili a ripassare l’ultima interrogazione, o ancora le colazioni fatte di sfuggita in un bar, con la mente impegnata a pensare a Leopardi o a problemi di matematica di importanza vitale e le mani intente a versare lo zucchero in una tazzina di caffè che sorridente ci augura il buongiorno.
Una poltrona è anche riservata alla logorante angoscia che assale ogni studente in attesa della fantomatica scelta del nome del povero oratore designato per la temuta interrogazione, quell’angoscia che è di casa nel banco di scuola, quel banco colorato dei sogni di tutti coloro che l’hanno posseduto prima di noi, un pezzo di legno che all’occorrenza diventa il cuscino più soffice che si possa desiderare, quell’odioso e amatissimo banco di scuola che ci accoglie ogni mattina e condivide con noi tutte le gioie, le speranze, i dolori ed i palpiti eccessivamente accelerati del nostro cuore.
L’insieme di tutti questi piccoli attimi e di queste fugaci sensazioni prima era forse dato per scontato, poiché faceva parte della quotidianità e non gli si attribuiva troppa importanza, tuttavia, ora più che mai, riaffiora alla mente sotto forma di un diamante estremamente raro da custodire con attenzione e gelosia; un diamante che possiede mille facce e sfaccettature, come le risate nei lunghi corridoi, il freddo artico combattuto a colpi di termosifoni e giacche pesanti, oppure il caldo torrido lenito da splendidi e variopinti ventagli fatti con problemi di fisica e versioni di latino, o ancora le corse dietro ad un pallone tenuto nascosto negli anfratti più oscuri dell’aula, gli sguardi stanchi dei compagni che ci guidano nelle lunghe studiate serali, o i complimenti inaspettati di coloro che vivono dall’altra parte della trincea e ci insegnano ogni giorno a pensare con la nostra testa.
Mille e più facce composte da impercettibili istanti che costellano la vita di tutti i giovani studenti, le facce di un diamante che per un po’ di tempo è andato perduto ma che prima o poi, dopo grandi fatiche individuali e sforzi collettivi, ritornerà in nostro possesso più lucente e luminoso di prima.
Lo scrittore Giovanni Giusti in un celebre libro afferma che “di scuola si muore” tuttavia io ritengo che di scuola si vive.
Edoardo Guerra