PDL 2 (d’iniziativa popolare) “Ripubblicizzazione del servizio idrico integrato della Regione Toscana”.

PARERE OBBLIGATORIO               

 

 

            IL CONSIGLIO DELLE AUTONOMIE LOCALI

 

Visti in primo luogo

-l’art.66 dello Statuto regionale;

-la LR 36/2000 recante “Nuova disciplina del Consiglio delle Autonomie locali”;

-il Regolamento interno del Consiglio regionale;

-il Regolamento interno del Consiglio delle Autonomie locali;

 

Vista in secondo luogo

-la PDL 2 d’iniziativa popolare in oggetto;

 

Atteso

-che la PDL 2 muove dal principio secondo cui l’acqua è una risorsa fondamentale, ma esauribile, che pertanto necessita di uno speciale regime di tutela, imperniato sui seguenti capisaldi:

 >l’affermazione del diritto inalienabile ed imprescrittibile di accesso all’acqua per ogni individuo;

 >il perseguimento della qualità, del risparmio e del riuso della risorsa idrica;

 >l’affermazione della proprietà e della gestione pubbliche della risorsa idrica e degli apparati tecnologici strumentali alla sua captazione, produzione e trasporto;

 >l’introduzione di strumenti istituzionali di governo democratico e partecipazione dei cittadini e dei lavoratori nelle principali scelte riguardanti la risorsa idrica, nonché di tutela dei lavoratori impiegati nel servizio idrico.

 

-che lo speciale regime pubblico di tutela che la PDL 2 intende istaurare può essere così schematicamente sintetizzato:

a)prescrizione del dimezzamento dei prelievi per uso non potabile entro il 2015, da realizzare soprattutto attraverso una normativa d’attuazione (da approvare con “apposita deliberazione del Presidente della regione Toscana”), che:

-condizioni la programmazione di nuovi insediamenti alla disponibilità della risorsa idrica;

-prescriva (attraverso gli strumenti urbanistici) che i progetti delle nuove costruzioni prevedano due distinte reti idriche: una relativa all’acqua potabile, l’altra all’acqua non potabile;

-disciplini la realizzazione del riciclo completo delle acque reflue;

-promuova il recupero dell’acqua piovana;

 

b)affermazione della proprietà pubblica (inalienabile) delle reti e delle infrastrutture;

 

c)prescrizione della possibilità di affidare la gestione del servizio idrico esclusivamente a società interamente di proprietà degli enti affidanti (o ad altri soggetti pubblici), poste sotto la direzione dei medesimi, non cedibili (in tutto o in parte), destinate a svolgere la loro attività esclusivamente nell’ambito dell’ente affidante e tenute ad applicare ai propri dipendenti il regime del personale degli enti locali;

 

d)previsione di due diversi tipi della fine delle gestioni in essere con società private o miste:

-una decadenza generalizzata, ope legis, a far data dall’1/8/08;

-un recesso (anche immediato) dall’affidamento esercitatile da parte di quei Comuni che intendano gestire direttamente il servizio, con la connessa facoltà di uscita dall’ATO di riferimento e di riacquisizione degli impianti e delle strutture;

 

e)previsione dell’assegnazione della gestione del servizio da parte degli ATO ad un gestore unico, salvo due tipi di deroga: una riguarda i comuni che abbiano esercitato il diritto di recesso di cui all’ultimo capoverso del precedente punto d); l’altra è per le società ed imprese consortili concessionarie dei servizi, fino alla scadenza della concessione;

 

f)integrale cambiamento della struttura della tariffa, così concepita:

-una quota di erogazione giornaliera gratuita pro capite (quaranta litri), comunque garantita; 

-una fascia di consumo ordinario giornaliero pro capite (fino a cento litri), alla quale applicare una tariffa ordinaria;

-scaglioni crescenti della tariffa da applicare ai consumi eccedenti la fascia ordinaria;

-scorporo (da effettuarsi a cura degli ATO) della parte della tariffa riferibile alla depurazione;

 

g)introduzione dell’obbligo per i sindaci di consultazione (con efficacia vincolante) dei consigli comunali (con discussioni da effettuarsi nel corso di sedute aperte) su problematiche ed atti relativi al servizio idrico, di particolare rilievo;

 

h)costituzione in ogni ATO di un organo collegiale consultivo, denominato “Consulta del diritto all’acqua”, composto da  non più di 15 membri (5 eletti dai lavoratori del servizio idrico e 10 dall’assemblea degli utenti); la Consulta esprime parere obbligatorio sui medesimi affari per i quali è previsto il parere vincolante (la consultazione di cui al precedente punto g) dei consigli comunali e, in caso di parere difforme della Consulta, il provvedimento è rinviato al consiglio comunale per il riesame;

 

i)dalla previsione dell’assorbimento del personale, già delle società miste o private cessate, da parte dei nuovi soggetti pubblici affidatari del srevizio;

 

 

 

Ricordato

-che nella seduta del 1 luglio scorso il CdAL espresse parere contrario sulla PDL 22 “Modificativa della legge regionale n.81 del 21 luglio 1995 “Norme di attuazione della  Legge 5 gennaio 1994, n.36 – Disposizioni in materia di risorse idriche”;

-che, in particolare, la motivazione del parere negativo di cui al precedente punto era dovuta alla mancata condivisione della deroga proposta verso il modello organizzativo del servizio idrico regionale imperniato sugli ATO, come disciplinato dalla legislazione vigente;

 

Considerato in primo luogo

-che, alla stregua del testo in esame, risulta (ancorché solo potenzialmente) ulteriormente ampliata la deroga già criticata in riferimento alla PDL 22 di cui sopra;

 

Considerato in secondo luogo

-che si segnalano problemi di compatibilità con svariate fonti normative ed in particolare:

A)per quanto riguarda la Costituzione:

-art.114, con riferimento all’autonomia statutaria dei comuni nella disciplina del potere di controllo sugli enti dipendenti;

-art.117, con riferimento al potere regolamentare dei comuni in materia di disciplina delle funzioni attribuite;

B)circa la L.36/94 (disposizioni in materia di risorse idriche):

-art.8, con riferimento al modello organizzativo territoriale prescelto per il servizio (A.T.O.) e la contraddizione in tal senso esistente all’interno della PDL esaminata;

-art.13, con riferimento al potere di determinazione della tariffa da parte dei comuni;

C)circa l’osservanza dello Statuto regionale (artt.42 e 63), va messa in evidenza l’attribuzione ad una fonte regolamentare regionale (tali sembrano essere “le specifiche norme” di cui all’art.2 comma 2 della PDL ancorché contenute nella “apposita deliberazione del Presidente della Giunta Regionale”) della disciplina di oggetti che sembrano invece riservati alla legge regionale e che incidono in un quadro ordinamentale che vede una presenza importante degli enti locali (e dei comuni in particolare), sia sotto il profilo delle competenze amministrative che regolamentari;

D)circa la legislazione regionale:

-LR 81/1995 (Norme di attuazione della L.36/1994”Disposizioni in materia di risorse idriche”);

-LR 26/1997 (Norme d’indirizzo per l’organizzazione del servizio idrico integrato in attuazione degli articoli 11 e 12 della legge 5 gennaio 1994, n.36);

 

Considerato in terzo luogo

-che vadano infine messi in rilievo

a)     il macchinoso rapporto tra il potere consultivo (vincolante) attribuito al consiglio comunale ex art.8  e quello invece attribuito alla Consulta del diritto all’acqua di cui all’art.9;

b)    il contraddittorio rapporto tra l’affidamento del servizio ad un unico gestore da parte degli ATO (v.art.5) e, al contempo, il potere di controllo, direzione e coordinamento esercitati sul gestore unico dai diversi enti (i comuni) affidanti.

 

 

 

                                                        DELIBERA

 

1)     di esprimere parere negativo sulla PDL 2 d’iniziativa popolare