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PARERE
OBBLIGATORIO
A)
PREMESSO quanto segue:
1. L’articolato disciplina gli strumenti e le
procedure della programmazione sanitaria, l’organizzazione e l’ordinamento del
servizio sanitario regionale, i criteri di funzionamento delle aziende unità
sanitarie locali e delle aziende ospedaliero - universitarie, il patrimonio e
la contabilità delle aziende sanitarie. La legge presenta le tipiche
caratteristiche di una legge ponte; da un lato vengono confermate le linee fondamentali della l.r. 22/200 (come
abrogata e sostituita), riaffermando in primo luogo i principi costitutivi del
servizio sanitario regionale, dalla centralità e partecipazione del cittadino
-quale titolare del diritto alla salute e soggettivo attivo del percorso
assistenziale- alla unicità e universalità del sistema sanitario; dall’altro si
introducono una serie di elementi innovativi dell’ordinamento vigente, atti ad
assicurare la copertura/adattamento normativo ad una pluralità di esperienze
già in essere, massimamente riferibili alla programmazione
di area vasta, al ruolo degli ESTAV
(Enti per i servizi tecnico amministrativi di area vasta, destinati a
subentrare nelle funzioni degli attuali consorzi d’area vasta), ai modelli
sperimentali per la gestione dei servizi sanitari territoriali (società della salute e unità di cura
primarie), ai piani integrati di
salute, all’unificazione fra zona
e distretto.
A ciò si aggiunge la revisione degli assetti
organizzativi delle AUSL e delle aziende ospedaliero - universitarie,
unitamente alla compiuta messa a regime di queste ultime.
2. La programmazione sanitaria è articolata su due livelli, regionale e locale. Da un lato il PSR e i relativi relativi strumenti di attuazione nonché i piani di area vasta; dall’altro i piani integrati di salute, i piani attuativi delle AUSL e delle aziende ospedaliero - universitarie, le intese e gli accordi stipulati dalle aziende sanitarie in attuazione degli strumenti della programmazione sanitaria a livello regionale.
3. La programmazione interaziendale dell’area vasta
(Area vasta nord - ovest; Area vasta centro; Area vasta sud) sostituisce gli
attuali strumenti di concertazione interaziendale. In ciascuna area è
costituito un comitato, composto dai direttori generali delle aziende sanitarie
e dal direttore dell’ESTAV di riferimento. Il comitato elabora le proposte dei
piani di area vasta: i piani sono approvati dal Consiglio regionale previa
verifica di conformità al PSR da parte della G.R. .
4. La Conferenza permanente per la programmazione
socio - sanitaria (il cui
funzionamento è adesso regolato da apposito regolamento interno) si conferma
come l’organo attraverso cui i Comuni concorrono alla definizione e alla
valutazione delle politiche regionali in materia sanitaria e socio - sanitaria.
Per quanto poi attiene alla Conferenza dei sindaci si prevede, innovando, che il funzionamento della Conferenza e delle relative articolazioni zonali sia regolato da un apposito regolamento interno adottato dalla Conferenza stessa. La Conferenza dei sindaci approva il piano attuativo locale delle AUSL. A loro volta le articolazioni zonali (o l’organo di governo delle SdS ove costituite) approvano i piani integrati di salute, costituenti lo strumento partecipato di programmazione integrata delle politiche sociali e sanitarie a livello di zona - distretto.
5. Sul piano istituzionale, giova sottolineare come venga affidata al CdAL (in coerenza con la nuova Carta regionale) la designazione di due componenti del comitato di indirizzo dell’Agenzia regionale per la salute (ARS).
B) RITENUTO, tutto ciò premesso, di ravvisare alcuni
profili di criticità del testo così riassumibili:
1.Non è dato rinvenire una norma assimilabile
all’attuale art.14 della legge vigente, ove si afferma che i Comuni concorrono
alla programmazione sanitaria regionale attraverso la Conferenza permanente per
la programmazione socio - sanitaria esercitando altresì, attraverso le
Conferenze dei Sindaci, le funzioni di indirizzo e valutazione di cui
all’art.3, comma 14 del D.Lgs. 502/92 ( ovvero: definizione, nell’ambito della
programmazione regionale, delle linee di indirizzo per l’impostazione
programmatica dell’attività; esame del bilancio pluriennale di previsione e del
bilancio di esercizio rimettendo alla Regione le relative osservazioni;
verifica dell'andamento generale dell'attività; contributo alla definizione dei
piani programmatici trasmettendo le proprie valutazioni al direttore generale e
alla Regione).
In sede di concertazione interistituzionale fra
l’altro i contenuti del succitato articolo 14 erano stati ulteriormente
potenziandoti tramite l’aggiunta di un comma recante l’affermazione secondo cui
i Comuni partecipano al governo e alla
gestione dei servizi sanitari territoriali nell’ambito delle Società della
salute.
Sul piano tecnico redazionale, i contenuti della
norma paiono in gran parte riprodotti nella proposta agli artt.11, 65 e 12,
anche se quest’ultimo articolo, (afferente la Conferenza dei Sindaci) difetta
sul piano della coerenza di sistema giacché non prevede espressamente, come
invece avrebbe dovuto, che le funzioni di indirizzo e valutazione esercitate
dalla Conferenza dei Sindaci tramite il proprio esecutivo, sono quelle definite
dall’art.3, comma 2 del D.Lgs. 502/92.
Per quanto poi attiene al ruolo delle Province nel
processo programmatico, come delineato dall’art.13 del testo vigente, non è dato rinvenire nella proposta una
conferma dei contenuti dei primi due commi del suddetto articolo 13, con
cui si riconosce alle Province una funzione consultiva in occasione di
variazioni degli ambiti territoriali sovracomunali delle AUSL e in sede di
esame dei piani attuativi locali da parte delle Conferenze dei Sindaci. Nel
primo caso sembra doversi concludere, pur col beneficio del dubbio, che si sia
voluto provvedere alla eliminazione di una disposizione già inoperante a
legislazione vigente; per quanto poi attiene all’altra funzione consultiva, non
può dirsi che la stessa venga assorbita nella organica partecipazione
provinciale ai lavori dell’articolazione zonale della Conferenza, giacché non è
prevista una medesima organica partecipazione della Provincia all’attività
della Conferenza nella sua configurazione ordinaria..
Comunque sia, la mancata conferma degli articoli della l.r. 22/2000 appare assai discutibile sotto il profilo della corretta impostazione dei rapporti intreristituzionali giacché quegli articoli, definendo organicamente ed enfatizzando il ruolo degli enti locali nel processo di programmazione regionale, assumevano una connotazione politica del tutto peculiare, che ora pare sfumarsi in una molto più sfumata affermazione del principio (art.3 comma 1 lettera g) del necessario concorso dei soggetti istituzionali agli atti della programmazione sanitaria regionale.
2. La programmazione di area vasta e il correlato
ampliamento di funzioni della Conferenza permanente per la programmazione socio
- sanitaria sono alcune tra le più significative innovazioni introdotte
dall’articolato.
L’area vasta assume formalmente un ruolo fondamentale nei processi programmatici; non
più luogo (o solo luogo) di
concertazione interaziendale, bensì ambito nel quale si addiviene alla
elaborazione di una vera e propria programmazione interaziendale di area vasta
costituita dai piani di area vasta, che si collocano formalmente fra gli
strumenti della programmazione sanitaria di livello regionale (unitamente al
piano sanitario regionale e ai relativi strumenti di attuazione).
La previsione di un nuovo livello programmatico ha
importato l’inclusione delle proposte di piano di area vasta fra gli oggetti su
cui esprime il proprio parere la Conferenza permanente per la programmazione
socio - sanitaria. La scelta era praticamente obbligata, dal momento che il
potere di iniziativa programmatica d’area è rimesso ad un organo tecnico -
professionale, (il comitato d’area vasta) che si muove al di fuori di specifiche linee di indirizzo preventivamente
impartite dalla Conferenza dei Sindaci.
Nell’esprimere un giudizio sostanzialmente positivo
in ordine alla formalizzazione e valorizzazione del ruolo dell’area vasta nella
programmazione regionale, così come in ordine all’ampliamento delle funzioni
della Conferenza e al riconoscimento alla stessa di una rilevante autonomia
organizzativa esercitabile tramite proprio regolamento interno, si è però dell’avviso che la legge dovrebbe
meglio chiarire la natura dei rapporti fra la Conferenza intesa nella sua
configurazione ordinaria e le articolazioni di area vasta della stessa, in
particolare specificando se tali articolazioni siano investite di funzioni
meramente preparatorie dell’attività della Conferenza o siano in ipotesi
legittimate, in forza di apposita scelta di autonomia organizzativa interna,
anche alla formale adozione dei pareri di cui all’art.11 comma 2 lettere d) ed
e).
Sotto altro aspetto, occorre che il testo, per
ragioni di chiarezza interpretativa, confermando peraltro le attuali previsioni
di legge, riservi espressamente alle
associazioni degli enti locali il compito di designazione dei rappresentanti
delle associazioni stesse all’interno della Conferenza.
3. Sempre sul versante della programmazione, si
invita a riflettere sul fatto che l’art.8 comma 3 qualifica come strumenti della
programmazione sanitaria regionale gli
strumenti di attuazione del piano sanitario regionale novellando sul piano
letterale il testo vigente, che allude agli strumenti di attuazione (del PSR) di livello regionale. La dicitura vigente pare più pertinente e
se ne invita il ripristino all’interno del nuovo articolato, al fine di non
ingenerare possibili equivoci e
incertezze interpretative circa
la tipologia di atti cui intende riferirsi l’espressione usata dall’articolato
medesimo; in tal modo fra l’altro risulterebbe di maggior intellegibilità
l’art.19 comma 2, secondo cui il piano sanitario regionale “si attua attraverso gli strumenti di programmazione di cui
all’articolo 8” (e quindi anche attraverso gli stessi strumenti
programmatici di livello locale).
4. I modelli
sperimentali per la gestione dei servizi sanitari territoriali
Il testo licenziato dalla Giunta regionale contiene,
relativamente all’oggetto, alcuni scostamenti letterali rispetto alla versione
passata al vaglio della concertazione interistituzionale. Pur assumendo che ciò
scaturisca da esigenze di carattere tecnico/redazionale, resta il fatto che
nell’attuale versione la sperimentazione delle società della salute assume una
connotazione assai blanda e sfumata. Le AUSL infatti possono, sulla base degli indirizzi regionali, costituire d’intesa con gli enti locali appositi organismi
associativi misti, denominati società della salute (SdS).
Sulla stessa falsariga, secondo il testo attuale le
Società della salute assicurano la partecipazione degli enti locali al governo,
alla programmazione e, eventualmente,
alla gestione dei servizi.
Quali che siano le formulazioni ritenute più appropriate, è opportuno che dall’articolato emerga chiaramente, oltre ai caratteri di facoltatività e reversibilità delle sperimentazioni (come già avviate in attuazione del vigente piano sanitario regionale), anche l’obiettivo di fondo che si intende perseguire, come ampiamente condiviso dalla Regione e dal sistema degli enti locali; questo obiettivo si sostanzia nell’introduzione in pianta stabile della SdS (naturalmente alla condizione di un esito positivo delle sperimentazioni) nel sistema e quindi nella affermazione di questa forma organizzativa come soggetto forte dell’integrazione socio - sanitaria a livello di zona e come soggetto chiamato ad assolvere ordinariamente non solo funzioni di natura programmatica ma anche funzioni di gestione dei servizi, così da consentire agli enti locali (quali soci fondatori necessari delle SdS) di recuperare all’interno del sistema un ruolo autenticamente innovativo nel governo della salute sul territorio.
5. Sotto il profilo tecnico/giuridico, sia la norma relativa alle SdS che quella relativa ai PIS sono strutturate in termini tali da rimettere a successivi atti di indirizzo e linee guida regionali la delineazione degli elementi essenziali connotanti il processo di formazione delle società della salute e dei piani integrati di salute. Si è dell’avviso che in ragione di un rinvio in bianco così massiccio tali atti, di rango amministrativo, possano nei fatti caricarsi di un ruolo eccessivo e corrano oggettivamente il rischio di interferire con gli ambiti di autonomia organizzativa e funzionale che vanno riconosciuti agli attori della sperimentazione.
Appare dunque
opportuno che sia la legge a definire i caratteri organizzativi fondamentali
delle SdS. Allo stesso modo, in un quadro di sostanziale condivisione di quanto
previsto dallart.21 in ordine a contenuti, finalità ed effetti del PIS
(fondamentale il principio per cui in caso di sperimentazione delle SdS il PIS
costituisce lo strumento unico di programmazione socio - sanitaria di
zona/distretto), si è dell’avviso che debba essere sempre la legge a definire,
ove ciò sia ritenuto strettamente necessario, i criteri che informano il
procedimento di formazione dei PIS.
Tutto ciò ovviamente nulla toglie alla utilità di
successivi provvedimenti regionali che orientino la fattuale applicazione della
legge nel rispetto dei principi e criteri dettati dalla normativa stessa.
6. Sotto il profilo procedurale, si sollecita una adeguata riflessione sul fatto che i piani attuativi locali non approvati dalla Conferenza dei Sindaci diventano comunque esecutivi una volta che la Giunta regionale ne abbia accertato la conformità alla programmazione sanitaria regionale.
La norma in questione è in realtà riproduttiva di
quanto già previsto dal testo vigente. Tuttavia questa potrebbe essere l’occasione per introdurre nella procedura
confermativa regionale una fase di contraddittorio con le Conferenze dei
Sindaci che in ipotesi consenta se non un recupero quantomeno una attenuazione
del contrasto fra le posizioni del direttore generale e quelle della Conferenza dei Sindaci. Questa esigenza pare
fra l’altro ulteriormente rafforzata ove si consideri che per ovvie ragioni di
sistema i piani attuativi locali non sono sottoposti a parere della Conferenza
permanente per la programmazione socio - sanitaria.
7. E’ ampiamente avvertita sul territorio l’esigenza
che le Conferenze dei Sindaci e le relative articolazioni zonali siano in grado
di effettuare un vaglio reale sugli atti delle aziende sanitarie sottoposti
alla loro disamina. Si tratta di una esigenza imprenscindibile, che
l’articolato dovrebbe meglio rimarcare evidenziando la necessità che le segreterie
tecniche debbano essere effettivamente dotate delle risorse umane e strumentali
atte a consentire un appropriato esercizio delle funzioni di indirizzo e
valutazione che competono alle Conferenze e alle articolazioni zonali
stesse.
8. In merito al finanziamento delle aziende unità
sanitarie locali, si osserva che se la volontà della norma è quella di
impegnare gli enti locali alla copertura integrale dei costi sostenuti dalle
AUSL per lo svolgimento di specifici programmi inerenti servizi territoriali e
sociali di alta integrazione sanitaria, aggiuntivi o integrativi rispetto a
quelli erogati a carico del fondo sanitario regionale, è opportuno che la stessa norma si faccia
carico di precisare che siffatto obbligo insorge laddove si tratti di servizi
delegati o comunque affidati alle AUSL dagli enti locali stessi.
C) PRESO ATTO che la proposta in esame è stata
oggetto di intesa in sede di concertazione interistituzionale fra la Giunta
regionale e le associazioni delle autonomie locali;
1.
esprime
un parere positivo sulla P.d.L.
n.392 a condizione che sia specificamente
evidenziato, accanto a quello della Regione, il ruolo dei Comuni e delle
Province nell’ambito della programmazione sanitaria regionale, come già
ribadito in narrativa sub punto 2 par. B);
2.
raccomanda
altresì di tenere debitamente conto, in sede di elaborazione definitiva del
testo, delle ulteriori riflessioni e valutazioni critiche esplicitate nei vari
punto in cui è articolato il par. B) della
narrativa;
3.
sottolinea
l’esigenza che il processo di revisione e aggiornamento della normativa
sanitaria regionale vada di pari passo con l’analogo processo di revisione
della normativa regionale in tema di servizi socio/assistenziali e socio/
sanitari integrati, in modo da assicurare il coordinamento, l’integrazione e
la complessiva tenuta delle normative
in questione.